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Alla metà del Seicento la liuteria cremonese aveva più di un secolo di storia e già si era affermata in tutta Europa. La principale bottega cittadina, quella della famiglia Amati, godeva di un grande successo ed era in piena fioritura.
Negli ultimi decenni del secolo sono invece attivi Amati, Guarneri, Ruggeri e naturalmente Stradivari. Lo sviluppo della liuteria cittadina appare evidente se pochi anni prima il solo Nicolò Amati operava a Cremona e del resto grazie alla sua bottega si formarono nuove generazioni di liutai. In tale contesto Antonio Stradivari creò i primi violini decorati: il “Sunrise” del 1677 e, due anni dopo, l’”Hellier”.
Non sappiamo per chi fossero realizzati questi strumenti così particolari, ma essi dimostrano come fin dal principio della sua attività Stradivari abbia goduto di grande fortuna e del patronato di clienti importanti. Inoltre, la altissima qualità tecnica del lavoro di intarsio e decoro testimoniano il livello straordinario delle capacità manuali e tecniche di cui il liutaio era dotato, talenti che seppe sfruttare al meglio, a beneficio di chi ancora oggi può godere dei capolavori che egli costruì più di trecento anni fa. Il “Sunrise”, del 1677, è il più antico dei 10 strumenti intarsiati oggi conosciuti  ed è incerto se il nome richiami i riflessi aurorali della vernice o indichi il primo manifestarsi del genio del costruttore. Conserva il manico originale, allungato per essere suonato con la moderna prassi esecutiva, ma, in prossimità della cassa armonica, restano visibili tracce della decorazione originale. Appartenne, tra gli altri, a Philippe Bovet, proprietario della Peugeot, ed al figlio Jean, violinista. 

 

 

Realizzato solo due anni più tardi, l’”Hellier” – dal nome dell’aristocratico inglese che lo acquistò direttamente dal liutaio nel 1734 – anticipa modelli e qualità sonore della maturità. In entrambi le fasce sono decorate ad intarsio, realizzato con mastice di limatura d’ebano e colla.
I modelli dei decori sono gli stessi per i due strumenti, tipici dei violini tardo seicenteschi. L’ornamento di tralci stilizzati che ripetono in continuazione motivi floreali sono dunque arricchiti da fiori, bacche e serpentelli. Tavola e fondo sono impreziositi da un doppio filetto a delimitare un raffinato motivo geometrico con tondini e losanghe.

Stradivari predilige qui un tratto essenziale per esaltare la fine eleganza dell’insieme. Solo all’inizio del secolo successivo introdurrà figure di animali ed un segno grafico più robusto per conferire vigore plastico alla composizione.

 

CREDITI FOTOGRAFICI: Jost Thöne  & Jan Röhrmann publisher of Antonio Stradivarius (Cologne 2010)